Notturni, la nuova mostra del mattatoio

Cogitore fino al 29 maggio a Roma

Clément Cogitore, espone a Roma nella mostra Notturni. Artista e cineasta, nato a Colmar nel 1983, è riconosciuto come uno dei più interessanti artisti contemporanei in Francia. Tra i numerosi premi ricevuti, si ricorda in particolare il premio Marcel Duchamp nel 2018, il premio della Fondation d’Entreprise Ricard nel 2016, il premio Sciences Po, il Bal Prize per artisti emergenti nel 2015 ed infine il Gran Premio del Salon de Montrouge, nel 2011. Le sue opere sono state esposte al Palais de Tokyo e al Centre Georges Pompidou di Parigi, all’ICA di Londra, presso l’Haus der Kulturen der Welt a Berlino, al MoMA di New York, al MNBA in Québec, al SeMA Bunker di Seoul, al Red Brick Art Museum di Pechino, al Rockbund Museum di Shangai, al Kunsthaus di Basilea, all’Hirschhorn Museum and Sculpture Garden di Washington e al MUDAM di Lussemburgo.

Nell’esposizione “Notturni”, allestita nel padiglione 9a del Mattatoio di Roma dal 16 marzo al 29 maggio 2022, a cura di Maria Laura Cavaliere, l’artista presenta – per la prima volta in Italia – una selezione delle sue più importanti opere video, nelle quali esplora le contraddizioni e le ambiguità delle immagini contemporanee tra verità e falsificazione, testimonianza diretta e ready-made di immagini filmiche, mettendo in discussione il rapporto con il reale e con la storia. La mostra è promossa da Roma Culture e dall’Azienda Speciale Palaexpo, con la collaborazione di due importanti partner istituzionali: l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici e l’Institut français di Parigi. Dopo l’esposizione al Mattatoio, il Madre di Napoli presenterà nel mese di giugno la nuova installazione di Cogitore “Ferdinandea” che prende l’avvio dalla storia dell’isola omonima per narrazioni e speculazioni geopolitiche.

Nella pratica artistica di Clément Cogitore si intersecano sguardo cinematografico, videoarte e fotografia: veicoli di una riflessione continua su temi identitari di ogni comunità umana, come la ritualità, il senso del sacro e la memoria collettiva. Si intuisce, nelle opere di Cogitore visibili in Notturni, il respiro della lunga durata delle immagini, sempre complesse e inattuali: immagini che evadono dalla loro cornice e si costruiscono come luoghi di collisione tra codici espressivi passati e presenti, spazi mediani in cui si incontrano diverse temporalità. Le opere di Cogitore sono costituite da elementi visivi eterogenei, da forme narrative non lineari che oscillano tra documentario e finzione, senza mai configurarsi in un’unica forma di rappresentazione, nelle quali la stessa finzione diventa una sorta di “teatro” della realtà.

La notte, protagonista dei racconti di Cogitore e della mostra Notturni, evoca ciò che è sconosciuto, ignoto, irrazionale, come il sogno, le tenebre, l’aurora boreale, le atmosfere chiaroscurali, tratteggiate da un’illuminazione artificiale. La dialettica tra ombre e luci riassume le antinomie dell’esistenza: bene e male, giorno e notte, mortalità e immortalità, visibile e invisibile. L’artista si interessa agli archetipi, ai modelli, elementi di un alfabeto di immagini arcaiche e potenti, moderne e struggenti, che hanno un forte valore simbolico, perché ricollegano l’essere umano con la sua dimensione più autentica e ancestrale.
La questione del sacro e la figurazione dei riti sono delle tematiche centrali nell’opera di Cogitore, che considera il sacro come un sentimento ancestrale, riguardante il mistero dell’esistenza umana, al quale l’artista tenta di dare una risposta, senza sostituire dogmi con altri dogmi, ma offrendone una rappresentazione poetica, che fonde spiritualità ed elementi del quotidiano.
La scrittura visiva si ispira al cinema di Robert Bresson che definisce come “maestro assoluto della sacralizzazione della quotidianità senza gloria”. Le opere di Cogitore mettono in discussione l’immediatezza dell’immagine e la sua funzione di mero strumento di riproduzione della realtà. In particolare, attraverso il riutilizzo di filmati preesistenti o attraverso la mise en abyme del meccanismo della proiezione, l’artista conferisce alle immagini in movimento una dimensione enigmatica che lo spettatore è chiamato a interpretare.

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