Camping River, il campo rom rimane ma adesso è abusivo: “Si rischia un Castel Romano bis”
Due volanti della Polizia sorvegliano l’ingresso h24, le famiglie sono ancora all’interno dell’area, la convenzione con il gestore è scaduta e nelle prossime ore anziani, mamme e bambini rischiano di restare senza acqua, luce, vigilanza, sportello sociale. Il Camping River di via Tiberina, nelle intenzioni palesate dagli amministratori grillini, doveva fare da campo “pilota” al piano rom della sindaca Raggi, sinonimo di legalità, integrazione, discontinuità con gli approcci del passato, condizioni di vita migliori per tutti. Eppure basta affacciarsi al ‘villaggio’ questa mattina per capire che qualcosa non è andato come da programma. Lo dicono chiaramente operatori, volontari della coop, rom, residenti del quartiere: “Si rischia un Castel Romano bis”. Una terra di nessuno.
Perché il Camping River è ancora in piedi
“Tre mesi per il superamento del campo” si diceva a giugno, quando la struttura è stata inserita all’interno del piano rom che inizialmente comprendeva solo la chiusura (in due anni) di Monachina e Barbuta. I tre mesi sono passati e la convenzione tra Roma Capitale e Isola Verde onlus è scaduta: la struttura formalmente non esiste più, nel senso che è sparita dalla mappa delle baraccopoli gestite dal Comune, ma nei fatti non è stata superata. I 426 ospiti – di cui 187 minorenni – sono ancora sul posto nei loro moduli abitativi, perché le cosiddette “misure di accompagnamento alla fuoriuscita degli abitanti” messe sul piatto da palazzo Senatorio non hanno sortito gli effetti sperati.
La versione del Campidoglio
La narrazione fornita dal M5s è più che ottimista. In un lungo post sulla pagina Facebook Movimento Cinque Stelle Roma del 30 settembre, ultimo giorno della convenzione, si legge: “I dati iniziali lasciano ben sperare nella riuscita del progetto: una famiglia, due donne single con i loro bambini e una persona dializzata saranno i primi a lasciare i vecchi moduli”. E ancora: “L’amministrazione prevede un sostegno a patto che chi aderisce garantisca tra latro la frequenza scolastica dei bambini, l’avvio di una regolare attività lavorativa e la sottoscrizione di un contratto di affitto”. In un altro post del 29 settembre (rimosso dalla bacheca), si leggeva anche: “Coloro che, dopo il 30 settembre, rifiuteranno ancora le alternative offerte e resteranno nell’area del campo saranno considerati occupanti abusivi”.
La verità dei numeri
La realtà è che quasi nessuno è riuscito a firmare un contratto di locazione con i privati o a trovare una stanza d’albergo ricevendo, solo a posteriori, un buono casa (questa la procedura prevista dal piano). Soluzioni al limite dell’impossibile senza un adeguato sistema di garanzie economiche preventive. E se gli amministratori capitolini insistono dicendo che “le operazioni sono in corso”, a certificare l’insuccesso e il ritardo della macchina ci sono i numeri forniti dallo stesso dipartimento: su 89 famiglie aventi diritto, solo 22 hanno fatto il colloquio con gli uffici di viale Manzoni, e solo una sembra aver reperito un tetto dove dormire.
“Si rischia un Castel Romano bis”
Tutti gli altri nuclei, mentre proseguono i colloqui con il dipartimento, sono rimasti al River. E ci resteranno ancora ma senza il presidio di vigilanza e il segretariato sociale garantiti dalla coop gestore. A rischio poi ci sono i servizi primari. “Gli impianti di depurazione dell’acqua, fognari, elettrico sono di proprietà di Isola Verde che è la legittima affittuaria del campo” ci spiega Michela Ottavi, volontaria della coop. Gli operatori sono ancora al campo “per senso di responsabilità”. Ma Roma Capitale non pagherà le prossime bollette, ha smesso di erogare i fondi il 30 settembre e non ha dato ulteriori comunicazioni in merito. Di dieci giorni fa una diffida inviata da viale Manzoni alla onlus con cui si chiedeva di liberare “da persone e cose” i container di proprietà comunale, quasi i tre quarti del totale. Difficile farlo, per il momento, senza condannare le famiglie alla strada.
“Qui tutti hanno paura che si crei una situazione fuori controllo – continua la volontaria – che entri e esca chiunque, che proliferino malattie, che rischino la salute i più piccoli, gli anziani, i malati. Si rischia un Castel Romano bis”. Il maxi insediamento sulla via Pontina è la baraccopoli-ghetto per eccellenza. Il massimo esempio di malagestione dei campi rom. Anche i residenti della zona lanciano lo stesso allarme. “Non possiamo non esprimere le nostre preoccupazioni sulle sorti di questa vicenda” scrive il comitato via Tiberina, “ovvero che da campo gestito si passi ad una situazione di abusivismo”. Per scongiurare il peggio Isola Verde ha chiesto un incontro al Campidoglio. Una vera e proprio proroga sembra improbabile, mancando gli estremi amministrativi e giuridici. Ma tra chi sperava in un cambio di passo reale si affaccia il timore fondato: il Comune sarà costretto a mandare avanti il campo utilizzando in parte gli stessi fondi stanziati per la sua chiusura? In tal caso, tutto sarebbe fuorché una rivoluzione.
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