Zerocalcare e il romano: quando il dialetto è troppo dialetto

Viene definita strascicata ma è la più vista, al numero 1 delle preferenze Netflix

Prendi un fumetto, rendilo serie: ecco Strappare lungo i bordi, la serie prodotta da Netflix firmata Zerocalcare, un fumettista romano di 37 anni.
I suoi fumetti diventano video social e poi serie tv.  Strappare lungo i bordi è momentaneamente al numero 1 su Netflix. La preferita degli utenti della piattaforma e anche un po’ criticata.
Motivo? L’uso del dialetto, incomprensibile, faticoso. Così le critiche si sono trasformate in una querelle tra romani e resto del mondo. Criticata sì, ma fuori dai confini romani.
Che la deriva della lingua italiana sui mass media sia un trend topic, anche piuttosto interessante, è fuor di dubbio, ma certo bisogna andare a fondo della questione.
Così, l’opinione pubblica si è divisa fra i puristi intellettuali, tipo il Dante Alighieri dei nostri tempi (che odiava il dialetto romano), che vorrebbero una lingua pulita, omogenea, comprensibile; e chi invece ribatte ricordando altri prodotti di fronte ai quali nessuno ha mai mosso eccessive critiche come Gomorra o ancora di più Squid Game che obbliga gli utenti a vederla coi sottotitoli.
Che peso ha il fatto che Roma sia la malandata capitale d’Italia sul fatto che ci sia così poca tolleranza nei confronti del suo dialetto?
Di fronte a questo poi la reazione, molto parisienne, dei romani, non tarda ad arrivare, risentita e spocchiosa. Soprattutto dopo che la pioggia di pareri negativi sull’uso del dialetto nella serie è arrivata innescata da Guia Soncini. “L’avvelenata” ha definito strascicata la serie di Zerocalcare descrivendo come “scempio della logopedia” il dialetto romano.

Ma la distinzione da fare per poter costruire un parere oggettivo è la definizione del prodotto: non un prodotto prettamente comunicativo, ma un prodotto anzitutto artistico.
La scelta del dialetto è un espediente artistico che dà più valore al prodotto stesso. Un accorciamento delle distanze tra i personaggi e gli spettatori che mette in risalto quello che Gadda ha definito: “vivezza pittorica, quei liberi toni del parlato, quell’humour che arricchisce di armoniche sapienti e profonde lo schematismo cachettico delle idee seriose“.

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