Torrespaccata, dopo l’incendio la guerra tra poveri: i residenti chiedono una struttura per i rom

Nessuna soluzione per nessuna delle parti. Ci sono i baraccati, rimasti senza casa, costretti a vivere sullo spartitraffico di viale Palmiro Togliatti. E ci sono i residenti del vicinissimo viale dei Romanisti, quelli che lo dicono da anni – “basta con i roghi non ne possiamo più” – e che da anni chiedono per i senza casa una sistemazione che non sia sotto le loro finestre. Ci sono i baraccati: “Non è colpa nostra, noi siamo rimasti senza niente. Non è che vero che rubiamo, noi andiamo a lavorare al mercato”. E ci sono i residenti: “Abbiamo respirato fumi incessantemente per tre giorni, e sono anni che denunciamo la presenza di questo insediamento, adesso ci manca solo che si piazzano nel parco, se non se ne vanno blocchiamo la strada, facciamo un casino”.

E’ la guerra tra poveri che si sta consumando nel quadrante di Torre Spaccata. Qui, tre giorni fa, un incendio ha distrutto un insediamento abusivo di 50 famiglie di origine romena, poi è arrivato quasi a lambire le mura delle palazzine abitate. Una nube nera che ha avvolto per ore le case, costringendo i cittadini a difendersi con le sistole da giardino. La stessa baraccopoli è stata al centro per anni di denunce dei comitati di quartiere, perché fonte inesauribile di roghi tossici.

Ci sono i baraccati, quelli rimasti senza i loro alloggi di legno e lamiere. E ci sono i residenti, preoccupati per lo stato dell’aria ancora irrespirabile e per l’avanzare dei senzatetto che costretti dalle fiamme a lasciare le baracche ridotte in cenere, cercano riparo nel parchetto pubblico utilizzato dai condomini. Residenti e baraccati che si attaccano l’un l’altro, separati dalla ringhiera di ingresso di quella piccola porzione di verde conteso. I primi, a ragione, la rivendicano: “Se ne sono appropriati loro, lavano i bambini completamente nudi, mangiano, non puliscono, e ora che il campo è andato fuoco pretendono di stare tutti qui”. I secondi, a ragione, cercano lì riparo dal clima torrido, magari vicino all’unico nasone della zona. “Abbiamo bambini siamo senza casa, anche noi abbiamo respirato aria cattiva” continuano a ripetere in un italiano stentato ma facendosi capire chiaramente. Molti di loro hanno la nostra stessa cittadinanza, ma al capannello di residenti-sentinella importa poco. “Non ce ne andremo finché non saremo sicuro che non si metteranno qui, non possiamo tollerarlo. Hanno anche delle bombole del gas. E’ pericoloso. Siamo pronti alle barricate, bloccheremo le strade”.

Nicola è al telefono, sono le 13, sta chiamando i vigili urbani. “Inutile non rispondono, c’è la musichetta, la senti? Devono venire a vedere la situazione!”. Forse non sa che sono già passati un paio d’ore prima con il personale del NAE (Nucleo Assistenza Emarginati) del VI Torri, per dichiarare la resa e comunicare quello che gli sfollati sanno bene: “Non ci sono soluzioni al momento. Il dipartimento Politiche Sociali non ha posti”. Anche loro, gli agenti della Polizia Locale, combattono con i mulini a vento. “Abbiamo effettuati tanti sgomberi nel canalone che ha preso fuoco, ma sono sempre tornati al loro posto”.

Ora un “posto” non esiste più. C’è solo un fazzoletto verde, presidiato dai residenti pronti alle barricate pur di difenderlo, e una striscia di terra e cemento. Uno spartitraffico, unico spazio dove i baraccati possono consumare il pranzo, un piatto di pollo e patate portato dai volontari dell’associazione 21 Luglio. Ai lati le macchine sfrecciano. Tra le sterpaglie ribolle la terra gialla e calda sollevata dal vento, qualche focolaio dell’incendio di sabato, dormiente, sprigiona ancora fumo. L’aria toglie il respiro, sia a chi mangia sul cemento, i baraccati, che a chi è costretto a stare con gli scuri chiusi, i residenti.

Un quadro critico da almeno tre lustri che se sommato alle condizioni impietose in cui versa il parco archeologico di Centocelle – 120 ettari di verde tra sfasciacarrozze, abusivi, rifiuti interrati – è una bomba a orologeria. Un pezzo di città lasciato morire, con dentro tutti, romani, romeni, più o meno poveri, abbandonati in un ring devastante, dove l’arbitro, come si dice a Roma, “s’è dato”. Già, perché a mediare tra le parti dovremmo trovare il Campidoglio. E invece lo scontro si consuma senza paciere. Da una parte chi non ha un letto dove dormire, dall’altra chi da anni denuncia un degrado che impedisce di vivere degnamente. Nel mezzo zero soluzioni, il vuoto lasciato da politica e istituzioni.

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