TeverEstate addio, niente gazebo sul fiume: “Persi un milione di euro”

 

Tra nulla osta concessi e poi tolti, deduzioni, contro deduzioni e tavoli tecnici, siamo al 24 giugno e i gazebo di TeverEstate, attesi per il 10, ancora non ci sono. Ottanta stand lungo le banchine del fiume, nel tratto compreso tra ponte Sisto e ponte Principe Amedeo di Savoia, dove incrociare sociale, cultura, musica, ristorazione, rimasti appesi alla schizofrenia della macchina amministrativa. “Se tutto va bene, nel migliore dei casi, potremmo aprire a metà luglio” spiega Raffaele Apuzzo, presidente de La XIII cooperativa sociale Onlus, concessionaria degli spazi. Un mese e passa di ritardo e una parte di Tevere deserto (resta aperta la manifestazione Lungo il Tevere). La ragione?

E’ il murale di William Kentridge a far da casus belli. Per 59 dei gazebo di Tevere Estate era prevista, come negli passati, l’occupazione dei 550 metri davanti ai fregi, realizzati sui muraglioni dal celebre artista sudafricano e inaugurati in occasione del Natale di Roma. L’autorizzazione è stata rilasciata il 17 maggio da Comune, Regione e Sovrintendenze, (a murale già eseguito e a taglio del nastro già effettuato). Poi il ripensamento, e la richiesta di spostamento alla coop concessionaria.

Un passo indietro arrivato dopo una serie di denunce e un’interrogazione al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini: in tanti hanno gridato allo scandalo per quei permessi rilasciati senza tener conto dell’unicità e grandiosità dell’opera. Che, dettaglio rilevante, è provvisoria. Le figure che raccontano la storia di Roma sono “scolpite” nello smog, hanno vita di pochi mesi, e coprirle (anche solo parzialmente) per novanta giorni non è parsa una scelta azzeccata. I permessi però sono stati firmati a metà maggio, dopo un iter partito a gennaio. “Prima ci hanno autorizzato – prosegue Apuzzo – sostenendo che le due realtà, Tevere Estate e l’opera di street art potevano tranquillamente convivere, poi il 25 maggio ci hanno bloccato”.

Da qui la direttiva del 1 giugno: agli organizzatori viene richiesto di trasferire le strutture ai lati dell’opera, unicamente nel tratto tra ponte Mazzini e ponte Principe Amedeo di Savoia. Parte il braccio di ferro. La coop presenta una nuova planimetria, con riduzione delle strutture da 59 a 34, modificate in altezza e posizionate a maggior distanza l’una dall’altra per favorire la visibilità del murale, ma rifiutando uno spostamento totale. Il compromesso viene bocciato. “Ci è stato rigettato, abbiamo presentato delle contro deduzioni, ancora siamo in attesa di una risposta definitiva”.

Intanto il danno economico è già quantificabile: acquisto del materiale, forniture, sponsor per un totale di un milione di euro. Insieme al danno occupazionale – “trecento lavoratori restano a casa” – e a quello umano. “Ancora non si è ben compreso la natura della nostra manifestazione. Si continua a parlare genericamente di bancarelle, noi siamo una cooperativa che lavora al reinserimento di ex detenuti ed ex tossicodipendenti, e utilizziamo i privati ristoratori che aderiscono all’evento come realtà sperimentali proprio per l’attività di reinserimento”. E ancora “abbiamo un ‘pronto intervento disagio’ per detenuti con permessi speciali che vengono qui a lavorare, o per i loro figli in difficoltà economiche, alcuni partecipano anche a spettacoli teatrali autorizzati dal dipartimento Amministrazione penitenziaria”.

Si aggiungono le attività musicali, con i cartelli proposti dai noti locali jazz Cotton Club e Gregory’s: “Sono stati contattati 80 artisti, anche da Umbria Jazz”. Insomma, una perdita ingente. E forse evitabile con un iter autorizzativo lineare fin da subito. Senza contare il pessimo biglietto da visita per le edizione future. “Come facciamo a convincere i grandi marchi che hanno investito nel nostro progetto a tornare il prossimo anno?”. Poi lo sfogo: “In un periodo storico così critico, in cui si chiede a tutti di essere in proprio volano dell’economia quotidiana, in una città come Roma che potrebbe vivere di arte e cultura, non aver permesso a TeverEstate di aprire, portandoci oltre il limite di tempo massimo di cui disponevamo per poter riuscire comunque a salvare il salvabile, ci sembra di difficile comprensione”.

In collaborazione con: romatoday