Rifiuti, strade sporche e porta a porta nel caos: la mappa dei disagi 

Negli uffici e nelle aule consiliari di Comune e municipi si ragiona su come limitare i disservizi: dalla riforma del porta a porta allo spazzino di quartiere, dalla green card ai bandi da avviare per smaltire l’indifferenziata fuori Roma, dai 280 mezzi in arrivo, è l’annuncio della sindaca Raggi, alle isole ecologiche nuove o potenziate. Tutto sulla carta o in qualche post su Facebook. Ma in strada l’emergenza rifiuti è già realtà per molti quartieri e rioni, le proteste sono all’ordine del giorno e i secchioni pieni di spazzatura pure, per la gioia di topi, gabbiani e cinghiali attratti come calamite da carta, cartone e scarti alimentari.

Da nord a sud, da est a ovest fino al litorale passando per la città storica. Nessuna zona è risparmiata. Sono sporchi i Parioli, dove le postazioni di secchioni straripanti fanno vergognare gli alberghi di lusso, Prati con la “monnezza” a dare il benvenuto ai clienti dei prestigiosi studi legali, il centro da Trastevere all’ansa barocca dove bar e ristoranti accumulano sacchetti fuori dai locali perché il ritiro latita. Ed è sporca la periferia, da Ponte di Nona a Massimina, da La Storta a Marconi. Soffre chi fa i conti con i cassoni stradali, rotti e stracolmi, e ancor di più i malcapitati del porta a porta in crisi.
Dove e perché il porta a porta non funziona
La raccolta della spazzatura palazzina per palazzina sta precipitando nel baratro, causa assenza di mezzi sufficienti per effettuare tutti i passaggi necessari. I ritardi si accumulano con punte massime di 15 giorni, perché gli “squaletti” rossi, i CR (camion rifiuti in gergo tecnico) più piccoli rispetto a quelli deputati allo svuotamento dei cassonetti, sono fermi a decine in deposito. Circa il 70 per cento presentano guasti che i meccanici non riescono a riparare. Mancano i pezzi di ricambio. Un terzo gira i quartieri su tre turni, ma non può coprire tutto. Così se un capo zona (responsabile territoriale dell’azienda partecipata) non organizza al meglio le poche risorse disponibili o non intercetta le vie in sofferenza, c’è chi si ritrova mini discariche in cortile per due settimane.

E’ così a San Lorenzo, dove le lamentele dei romani stanno montando da mesi, con annesso braccio di ferro politico tra la presidente dem Francesca Del Bello e l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari. La prima chiede interventi urgenti, la seconda risponde che è colpa di Ignazio Marino – “scriva al suo sindaco, il modello è il suo” – e che sta studiando una sostituzione del porta a porta classico con isole mobili presidiate per il conferimento. Intanto le difficoltà rimangono e i residenti protestano. Idem spostandosi qualche chilometro verso il quadrante est, a Ponte Mammolo, dove anni fa il Pap (porta a porta) era una rara eccellenza della città. Bei tempi andati. Oggi gli abitanti, presi dalla disperazione, hanno bloccato un camioncino Ama intimandogli la rimozione dei rifiuti sparsi ovunque.
Scene da un fallimento anche a La Storta, dove i secchioni del porta a porta sono stati spostati addirittura dai cortili alla strada, o a Massimina, tra i primi quartieri a sperimentare il Pap. Qui “dalla chiusura di Malagrotta la raccolta di Ama è andata peggiorando” osserva il Comitato, stanco “dopo 4 anni e due amministrazioni” di ascoltare la solita pletora di scuse per coprire il “pessimo servizio della municipalizzata”.

Un’esasperazione che tocca tutta Roma, tanto da spingere il Codacons alla class action. L’associazione dei consumatori sta chiamando a raccolta i quartieri sulle barricate, in forza di una sentenza della Corte di Cassazione (pubblicata a fine settembre 2017) che ha fissato il diritto dei contribuenti alla riduzione della tassa o della tariffa rifiuti in caso di grave e protratto disservizio nella gestione della raccolta. Anche senza una diretta e accertata responsabilità dell’ente locale.

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 romatoday